Anoressia: colpa di chi?

 

blank

Nella foto: Il Dr. Lorenzo Bracco riceve il Premio Cesare Pavese dalla Dott.ssa Patrizia Valpiani

OGGI7 1 dicembre 2013 MEDICINA & LETTERATURA. Dalla diagnosi alla terapia: un percorso da detective. Le ricerche di Lorenzo Bracco, gli studi in Italia e le scoperte fatte negli USA.

 

Anoressia: colpa di chi?

di Dario Voltolini

email: dario.voltolini@alice.it

BRACCO e? molto soddisfatto di ricevere il Premio Cesare Pavese 2013, Medici Scrittori Saggistica, per il suo libro «Anoressia. I veri colpevoli», BookSprint Edizioni. Il libro e? acquistabile in e-book oppure in cartaceo essenzialmente on line sui siti di vendita di libri. La premiazione a Santo Stefano Belbo avviene in una location di splendidi paesaggi ricchi di storia, fra nomi illustri della cultura italiana.

«Sono particolarmente onorato di ricevere questo premio che riconosce l’innovazione che si sta portando alla terapia dell’anoressia. Oltre a quanto classicamente si e? già detto riguardo alla famiglia, alla madre, al padre, alla figlia anoressica e alle dinamiche dei loro rapporti, oggi si aprono nuove prospettive focalizzate soprattutto sulla terapia del trauma».

Il tema dell’anoressia e? di particolare attualità e, per l’idea che me ne sono fatto, direi che le ricerche contemporanee sui disturbi alimentari vedono l’anoressia come conseguenza di più cause, psicologiche, sociali, mediche, nutrizionali.

«Sono d’accordo, più cause sono a monte di anoressia e disturbi alimentari. Questo spiega anche come terapie apparentemente diverse, ma ognuna mirata su una delle concause, possa interferire positivamente sull’andamento del disturbo. Data la premessa che più concause sono a monte di anoressia e disturbi alimentari, se non si identificano veramente tutte le cause si rischia di dare un’importanza eccessiva a un aspetto che e? concausa, ma che non e? fondamentalmente “il colpevole” di tutta la storia. Si rischia di creare colpevolizzazioni che non sono di alcuna utilità operativa. Ad esempio, famiglie in cui c’e? un’anoressica vengono alle volte colpevolizzate quando in realtà ognuno all’interno di esse, genitori, figlia, eventuali altri figli, non riesce a comportarsi in modo diverso senza un aiuto specifico ben mirato. Il paradosso e? che la colpevolizzazione solitamente aumenta ancora di più il comportamento disfunzionale».

Il libro, pur essendo un trattato scientifico rigoroso, e? scritto in modo tale da essere un’avvincente lettura per chiunque, condotto come uno dei migliori episodi di una medical serie televisiva, ad esempio Doctor House, dove il percorso per giungere alla diagnosi e alla terapia e? simile a quello di un detective alla Sherlock Holmes. In questo senso il sottotitolo e? rivelativo: “I veri colpevoli”. Poco alla volta, di pagina in pagina, scopriamo come problemi di rapporto, in particolare quello tra madre e figlia, possono essere conseguenza di una causa traumatica e come si possa intervenire con una terapia specifica del trauma.

«Si?, terapia dei traumi, soprattutto di quelli molto precoci, ovvero quelli avvenuti tra il concepimento e la nascita e quelli avvenuti nel primo periodo dopo la nascita. Per sopravvivere a un evento fortemente drammatico quale ad esempio un distacco di placenta, o un parto distocico, si richiede al sistema neurovegetativo di questo essere all’inizio della vita una risposta di intensità estrema. Il sistema neurovegetativo cosi? stimolato e? molto probabile che ne resti traumatizzato. Questi traumi, se non curati, lasciano traccia nel carattere di chi li ha subiti e, come per effetto domino, vengono ad essere alterate anche le relazioni con il mondo esterno. Come poter pensare che il rapporto con i genitori, in particolare con la madre, non ne risenta? A questo riguardo nella mia proposta terapeutica introduco la NARM, ovvero NeuroAffective Relational Model. E? un modello integrato di terapia del trauma delle eta? evolutive ideato e messo a punto dal dottor Laurence Heller, non ancora molto conosciuto in Italia, ma che sta avendo successo negli Stati Uniti».

Bracco e? medico, specializzato in fisiatria, psicoterapeuta, membro dell’Associazione Europea di Psicoterapia con sede a Vienna, Gestalt Terapeuta, Somatic Experiencing Practitioner, ovvero terapista del trauma secondo Peter Levine, e da anni segue un cammino personale e di studio con il dottor Laurence Heller. In ambito nutrizionale ha pubblicato l’ormai introvabile “Di piatto in piatto. Viaggio nel mondo della nutrizione alla ricerca della giusta dieta” e DNE, Dieta della Nicchia Ecologicae Il Grande libro della DNE, in cui presenta un’alimentazione e uno stile di vita equilibrati e rispettosi dell’individualità propria di ogni essere umano, integrati abitualmente nella sua pratica medica e psicoterapeutica. La sua formazione sembra tagliata su misura per l’anoressia, in cui l’aspetto medico, l’aspetto psicologico e l’aspetto nutrizionale si intersecano in legami strettissimi in cui bisogna accompagnare con una terapia a tutto tondo la persona in questione e la sua famiglia in un processo evolutivo.

Per quanto abbiamo detto finora, si potrebbe pensare che questa indagine sull’anoressia, condotta con abilita? narrativa che rende il libro di piacevole lettura, sia la naturale conseguenza solo del suo background culturale e della sua pratica terapeutica. Ma leggendo il suo libro ci si rende conto che oltre a ciò e? presentato un approccio completamente nuovo al tema dell’anoressia. Un’intuizione all’origine del suo lavoro ha permesso al dottor Bracco di indagare una causa che non era mai stata evidenziata prima.

«Si?. Sono molto orgoglioso che il Premio Cesare Pavese, sempre attento alle innovazioni nel campo della ricerca, mi riconosca di avere indicato nuove prospettive per conoscere e curare questo profondo malessere esistenziale. Circa vent’anni fa, grazie a un evento fortuito che adesso non racconto per non togliere il gusto di scoprirlo leggendo il libro, mi resi conto dell’importanza, come concausa necessaria dell’anoressia adolescenziale femminile, di una specifica differenza biologica presente tra madre e figlia».

Ma ci dica un po’ di più, siamo troppo curiosi.

«Va bene, racconto la storia un po’ più distesamente. La cosa che mi e? capitata e? un pochettino come la mela caduta sulla testa di Newton. Ecco come all’epoca e? nata la storia. Stimolato da una paziente che voleva avere al riguardo un mio parere, stavo studiando la dieta dei gruppi sanguigni 0, A, B, AB, di Peter d’Adamo, quando, forse incuriosito da quanto avevo appena letto, in modo quasi fortuito chiesi il gruppo sanguigno a una giovane paziente accompagnata dalla mamma. Erano una madre e una figlia, anoressica anche se non si definiva tale, con problemi relazionali di lunga data. Molto probabilmente la gravidanza era stata difficile, una gestazione che non era proprio stata liscia liscia, un inizio della vita della figlia in questione che appunto non e? stato dei più facili. A questo punto arriva la “mela”, che nel tempo mi si confermerà sempre più essere una caratteristica costante in tutte queste storie che riguardano le figlie anoressiche».

Se ho capito bene sta dicendo che tante sono le figlie che hanno avuto una gravidanza difficile quando erano nella pancia di mamma ma, senza questa caratteristica costante, questo non basta perché diventino anoressiche.

«In quel momento della storia baleno? qualcosa di inatteso. La madre, alla mia domanda rivolta alla figlia, intervenne con veemenza: “Non ha il mio gruppo sanguigno!”. “Curioso” pensai, anziché irritarmi per l’intrusione della madre, e da li? in poi presi l’abitudine di chiedere a ogni anoressica il gruppo sanguigno suo e della madre. Con mio grande stupore, la risposta era sempre la medesima. Il risultato negli anni e? stato il seguente: la caratteristica costante e? che la figlia in questione non ha il gruppo sanguigno della propria madre. Ciò mi fu confermato dall’osservazione di famiglie in cui vi erano più figlie. Stesso padre, stessa madre, stesso contesto, una sola anoressica: guarda caso la figlia che non aveva il gruppo sanguigno della madre. La differenza di gruppo sanguigno 0, A, B, AB, sarebbe quindi una concausa necessaria, anche se da sola non sufficiente, per lo scatenamento dell’anoressia.

Nei protocolli classici di indagine, oggigiorno il gruppo sanguigno 0, A, B, AB non compare, neppure, per quanto mi e? dato sapere, riguardo alle anoressiche. Infatti, dopo un exploit nei primi trent’anni dopo la scoperta dei gruppi sanguigni in cui venivano presi in considerazione nei protocolli di ricerca più disparati, attualmente, se non vi sono specifici motivi, quali interventi chirurgici programmati, anemia, eccetera, il gruppo sanguigno del paziente non necessariamente compare nelle cartelle cliniche, tantomeno quello della propria madre. Senza questo evento, che io considero una grossa fortuna, non avrei neanch’io mai preso in considerazione la differenza di gruppo sanguigno tra madre e figlia nell’anoressia e tutto questo mio studio non ci sarebbe stato».

Cosa risponderebbe a una donna che le domandasse: “Se io partorisco una bambina che non ha il mio stesso gruppo sanguigno, cosa capita?”.

«Se partorisce una bambina che non ha il suo gruppo sanguigno: la stessa cosa può essere vista da due angoli prospettici diversi, con di conseguenza due risultati completamente diversi. Uno può portare all’aumento di una conflittualità reciproca madre-figlia che sono biologicamente cosi? diverse. Non dimentichiamo che una madre, ad esempio gruppo sanguigno 0, se si trova ad avere un feto di gruppo sanguigno A dentro di se?, nel caso che il sangue del gruppo sanguigno A venga a mescolarsi con quello del gruppo sanguigno 0, questo sarebbe equivalente a una trasfusione sbagliata per il gruppo 0. Una trasfusione sbagliata può arrivare fino ad essere letale. Non c’e? da stupirsi se, durante la gravidanza, vi sia una sensazione di grande allarme da parte della madre verso la figlia in questione, soprattutto se la gravidanza sia caratterizzata da uno o più fatti traumatici. La compresenza di fatti traumatici slatentizzerebbe la sensazione di allarme verso il feto di gruppo sanguigno diverso e tale diversità verrebbe ad essere sentita come traumatica anch’essa. In assenza di eventi traumatici, o debitamente curati con un’adeguata terapia del trauma se avvenuti, la differenza anziché essere interpretata come allarme può essere fonte di ricchezza».