HELICOBACTER PYLORI: terapia con Omega 3 – Omega 6

 

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HELICOBACTER PYLORI: terapia con Omega 3 – Omega 6

Pubblicato sulla rivista LASER ABSTRACTS/I.R.FO.MED. Ottobre 2001

Dott. Lorenzo Bracco*

*Contatti: Bracco Lorenzo MD, Lorenzo Bracco Foundation, Corso Marconi 37, 10125 Torino, Italy, Tel: +39 0116688992 Mobile: +39 3331632321

email: lorenzobraccofoundation@gmail.com

Già dalla fine del 1800 era stata segnalata la presenza di batteri nello stomaco (Giulio Bizzozzero, 1883). In epoca più recente si è dimostrato che un ospite dello stomaco chiamato Helicobacter Pylori è correlato alla gastrite, all’ulcera ed alla neoplasia dello stomaco. Secondo studi del “George’s Hospital” di Londra e di Anna Morgando, in “The Lancet” del 27 maggio 1995, sempre l’Helicobacter Pylori sarebbe presente nello stomaco di un gran numero di pazienti affetti da infarto del miocardio.

Procediamo per gradi.

Solo alcuni ceppi di Helicobacter Pylori possono produrre una proteina citotossica vacuolizzante (Rino Rapuoli, Siena), denominata VacA, che è caratteristica della patogenicità del batterio, anche se pare che il gene VacA sia presente in tutti i ceppi dell’Helicobacter Pylori. Le cellule dello stomaco, colpite da queste tossine, richiamano un gran numero di globuli bianchi che attivano, tra i loro meccanismi, i radicali di ossigeno (simili all’acqua ossigenata usata per disinfettare). Se le cellule dello stomaco hanno sufficiente riserva di antiossidanti naturali (Vit. C, E, F, ecc.) riescono a resistere all’attacco dell’ossigeno nascente, altrimenti muoiono: in altre parole l’ossigeno causa la morte dell’Helicobacter ed in condizioni carenziali danneggia anche le cellule dello stomaco. Al danno delle cellule dello stomaco può conseguire la morte delle cellule medesime; la morte delle cellule dell’epitelio dello stomaco con la presenza di globuli bianchi è la “gastrite”.

Le cellule morte sono sostituite con rapidità da nuove cellule vive, se questo fenomeno dura per anni può esserci l’assottigliamento della mucosa gastrica dovuto alla riduzione del numero totale delle cellule vive: è la “gastrite atrofica”. La produzione frettolosa di cellule favorisce gli errori, i quali possono trasmettersi per sempre nelle nuove cellule: queste atipie cellulari sono il “cancro dello stomaco”.

Perché tutto questo avvenga sono necessarie alcune condizioni: presenza di ceppi di Helicobacter Pylori produttori della citotossina vacuolizzante, anni di infezione, mancanza di antiossidanti naturali nelle cellule dello stomaco.

Di più difficile spiegazione è l’associazione tra Helicobacter Pylori ed infarto (miocardio, cerebrale, muscolare, ecc.), “The Lancet” 27 maggio 1995. Secondo alcune statistiche la frequenza di malattia coronarica nel maschio con ulcera peptica è da 4 a 6 volte maggiore rispetto alle persone senza ulcera. Pare dimostrarsi lo stesso andamento sullo stroke cerebrale in presenza di Helicobacter Pylori.

Al momento mi pare che la spiegazione più attendibile sia che l’aumento di globuli bianchi e del fibrinogeno, frequente nell’infezione da Helicobacter Pylori, aumentando la coagulazione del sangue, sia la causa dell’aumento degli infarti. In ogni caso è un dato di fatto che nelle patologie infartuali sia presente solitamente o l’Helicobacter Pylori, o la Chlamydia Pneumoniae, o entrambi. Ragione per cui sostengo che alla prima avvisaglia di patologia infartuale vadano ricercati sistematicamente sia l’Helicobacter Pylori, sierologia e Breath test, sia la Chlamydia Pneumoniae, sierologia differenziata, tra Chlamydia Pneumoniae, Psittaci, Trachomatis, IgG e IgM, e che le suddette infezioni vadano trattate anche se asintomatiche.

La DIAGNOSI dell’Helicobacter Pylori riconosce varie metodiche, quelle di uso più corrente sono le seguenti:

  • La gastroscopia con il prelievo bioptico dallo stomaco e dal duodeno. Oltre ad essere di indiscutibile aggressività e poco graditi dal paziente, presentano possibilità di errore di campionatura legata alla distribuzione irregolare del batterio sulla mucosa gastrica, data la premessa che non vi sono reali modificazioni visive causate dal batterio stesso. È anche vero che il prelievo diretto permette la coltura batterica col conseguente antibiogramma e quindi la scelta dell’antibiotico specifico, ma la coltura batterica non è ancora realizzabile di routine e non si può, di conseguenza, effettuare una terapia antibiotica mirata. Gli esami che si effettuano col prelievo endoscopico sono: sia la ricerca dell’Helicobacter Pylori con il metodo istologico, sia la ricerca con il test dell’ureasi. Quest’ultima si basa sull’attività ureasica del batterio: si deposita la biopsia in un mezzo liquido, semiliquido, o membranoso, contenente urea, se è presente l’Helicobacter la sua ureasi provoca scissione dell’urea in ammoniaca ed anidride carbonica. L’ammoniaca provoca incremento del PH e ciò determina un cambiamento di colore dell’indicatore del PH posto in suddetto mezzo.
  • La sierologia, ovvero la ricerca di anticorpi specifici anti Helicobacter Pylori. Di solito si esegue con metodo ELISA. Essa si basa sulla ricerca di anticorpi IgG ed ha una sensibilità tra il 75 ed il 95%. Il suo limite è che la variazione del tasso anticorpale è molto lento dopo l’eradicazione dell’Helicobacter, per cui è difficile valutare, a tempi brevi, l’avvenuta guarigione.
  • La ricerca di antigeni specifici di Helicobacter Pylori nelle feci. La valutazione della sensibilità, secondo alcuni studi clinici, può arrivare fino al 90%.
  • L’urea Breath test è sicuramente, tra tutti i test, quello più attendibile. Si basa sul principio che l’ureasi prodotta dall’Helicobacter Pylori scinde l’urea in ammoniaca ed anidride carbonica. In natura il carbonio esiste sotto forma di C12 e dei suoi isotopi C13 e C14. Il C14 è estremamente instabile, ovvero è radioattivo, ed ha un tempo di decadimento di 40.000 anni: è quello che viene usato in archeologia per datare i reperti contenenti carbonio, ad esempio le mummie. Essendo però radioattivo, nel test in questione non viene usato e si usa perciò il C13, che non è radioattivo, quindi innocuo (rappresenta l’1% circa del carbonio totale in natura). Se noi somministriamo, per via orale, un’urea costruita con C13, anziché C12, la presenza di Helicobacter Pylori nello stomaco determinerà la scissione dell’urea in ammoniaca ed anidride carbonica C13, la quale comparirà, dopo mezz’ora circa, nell’aria espirata. L’aumento quindi dell’anidride carbonica C13 tra l’espirato normale e l’espirato mezz’ora dopo la somministrazione di urea fabbricata con C13, è il segnale della presenza dell’Helicobacter Pylori nello stomaco. Questo test permette di vedere non solo l’esistenza dell’Helicobacter, ma di valutarne la quantità proporzionalmente all’incremento del C13 nell’espirato.

Effettuare il Breath test per l’Helicobacter Pylori è semplicissimo: si soffia in una provetta che viene immediatamente tappata, su cui si scrive sopra “tempo zero” e che serve per valutare il C13 basale, quindi si beve l’urea fabbricata con C13 e mezz’ora dopo si risoffia in una seconda provetta su cui si scrive “tempo 30 minuti”. Se il C13 resta identico non c’è il batterio, se aumenta in una misura superiore a quello che viene chiamato “delta 3,5” vuol dire che c’è presenza di Helicobacter e più il delta sale, più c’è l’Helicobacter.

Il test è estremamente affidabile, ci dice la quantità di Helicobacter presente e non è invasivo. La presenza di C13 viene valutata dal laboratorio specializzato, a cui vengono inviate le provette, con uno spettrofotometro di massa. La sensibilità e specificità del test è molto elevata con valori tra il 95 e 100%.

Inoltre, essendo l’urea liquida, si diffonde in tutto lo stomaco e permette veramente di valutare la quantità totale di Helicobacter presente; questo test non è soggetto a quegli errori di campionatura che si possono verificare con l’endoscopia gastrica.

Il kit può essere acquistato o dal medico, o dal paziente, in molti paesi direttamente in farmacia. È meglio però che il test venga effettuato in presenza del medico per garantirne una corretta esecuzione. È bene, inoltre, che il medico stesso abbia preventivamente controllato di non essere portatore di Helicobacter, per evitare eventuali contaminazioni.

La TERAPIA dell’Helicobacter Pylori riconosce abitualmente l’uso abbinato di due antibiotici e di un inibitore della pompa protonica.

Data la premessa che la coltura batterica, per il momento, non è effettuabile di routine, la scelta degli antibiotici non può essere effettuata sulla base di un antibiogramma; per cui si somministrano due antibiotici a largo spettro, contemporaneamente, ambedue a pieno dosaggio, per un tempo variabile, a seconda delle differenti scuole di gastroenterologia, tra una e due settimane, nella speranza che l’Helicobacter sia sensibile almeno ad uno di essi. L’eradicazione, secondo vari autori, è tra il 70 ed il 90% e nel caso in cui non avvenga è probabile che subentri nel batterio una resistenza alla terapia antibiotica. In altre parole è una terapia pesante per il paziente e di non sicuro successo.

Nel Congresso Internazionale di Gastroenterologia tenutosi alla presenza di 2.000 specialisti arrivati da tutto il mondo, avvenuto al Centro Congressi “Torino Lingotto” dal 18 al 22 novembre 1995, è stata però presentata la seguente comunicazione, che riporto integralmente, poiché si tratta di un testo estremamente chiaro e conciso:

“ACIDI GRASSI POLINSATURI ED HELICOBACTER PYLORI – RISULTATI PRELIMINARI. G.Frieri, A.Marcheggiano*, MT.Pimpo, A. Palombieri, D. Molideo, M. Marollo, R. Caprilli Cattedra di Gastroenterologia, Università degli studi di L’Aquila, *Cattedra di Gastroenterologia, Università La Sapienza di Roma.

È stata dimostrata una correlazione tra l’aumentata incidenza dell’ulcera duodenale ed una ridotta concentrazione sottocutanea di acido linoleico, un acido grasso polinsaturo della serie Omega-6. Più recentemente è stato dimostrato che l’acido linolenico, un altro acido grasso polinsaturo della serie Omega-3, è in grado di inibire la crescita dell’Helicobacter Pylori in vitro.

Ci è sembrato pertanto interessante verificare questa ultima osservazione nell’uomo. A tale scopo abbiamo valutato l’effetto antibatterico di una miscela di acidi grassi polinsaturi (PUFA) in pazienti con dispespsia funzionale Helicobacter Pylori positivi che non ricevevano né antibiotici né antisecretori.

Materiali e Metodi. Sono stati inclusi nello studio 11 pazienti affetti da dispespsia. Tutti i pazienti presentavano un esame esofagogastroduodenoscopico normale ed erano Helicobacter Pylori positivi. La ricerca dell’Helicobacter Pylori veniva effettuata con metodo istologico su biopsie prelevate nell’antro e nel fondo gastrico e processate con doppia colorazione (Ematossilina-Eosina e Giemsa modificata). I pazienti venivano trattati quindi con una miscela di PUFA (2 gr./die; Omega-6 / Omega-3 = 0.082), per 8 settimane. Alla fine del trattamento i pazienti venivano sottoposti a controllo endoscopico e bioptico con la stessa procedura. Le biopsie sono state esaminate dallo stesso patologo che era all’oscuro del trattamento.

Risultati

Tutti gli 11 pazienti hanno completato il trattamento senza presentare effetti collaterali di alcun genere. Sette degli 11 pazienti hanno presentato la clearance del batterio alla fine del trattamento. Non è stata osservata in nessun caso la migrazione di Helicobacter Pylori dall’antro verso il fondo.

Conclusioni

I risultati di questo studio indicano che la sola supplementazione dietetica di PUFA è in grado di inibire l’Helicobacter Pylori anche in vivo e suggeriscono l’opportunità di un trial controllato inteso a valutarne l’effetto eradicante.”

 

Nel frattempo, essendo arrivato in Italia il Breath test (che non era ancora presente all’epoca dello studio sopra riportato) ho cominciato, fin dal 1996, ad effettuarlo sui miei pazienti. Non ho trovato, nei miei pazienti abituali che già praticavano una alimentazione ricca di prodotti vegetali biologici consumati freschi, di acidi grassi insaturi, di vitamine, ovvero di antiossidanti (secondo il Metodo Kousmine), presenza di Helicobacter Pylori. Nei nuovi pazienti, nei quali la dieta era secondo gli standard medi, l’incidenza è stata simile a quella presentata dalle varie statistiche (dal 10 al 30% della popolazione), con presenza di Helicobacter anche in pazienti che non manifestavano particolari sintomi dispeptici.

La mia modalità di procedere, nei pazienti con presenza di Helicobacter Pylori, è stata la seguente: ai pazienti che presentavano rischio infartuale (miocardio, stroke, algie muscolari su base ischemica), data l’urgenza, ho prescritto la cura secondo i migliori standard vigenti al momento (antibiotici abbinati con inibitore della pompa protonica) più acidi grassi polinsaturi Omega 3 e Omega 6 e alimentazione biologica; tutti si sono negativizzati.

Con i pazienti in cui non c’era un rischio infartuale ho proceduto solamente con somministrazione di acidi grassi polinsaturi Omega 3 e Omega 6 e dieta biologica. È da ricordare comunque che gli acidi grassi polinsaturi agiscono per contatto e quindi non vanno inghiottiti in capsule, ma liquidi, in modo da venire in contatto diretto col batterio.

Nel trattamento naturale ho avuto l’eradicazione dell’Helicobacter Pylori in tutti i casi, tranne due. Il primo, paziente maschio pensionato, era già stato precedentemente trattato dal suo medico generalista con antibiotici, ma senza risultato e, successivamente, da uno dei migliori gastroenterologi italiani, con i cocktails di antibiotici più performanti e l’inibitore della pompa protonica, sempre senza risultato. Anche la mia terapia naturale non ha portato all’eradicazione dell’Helicobacter, ma comunque, pur con un delta fondamentalmente immodificato, c’è stato un miglioramento della sintomatologia soggettiva dispeptica. Ho parlato, di questo soggetto, col collega gastroenterologo e l’ipotesi che riteniamo più attendibile è che, in questo caso, il batterio avesse scelto la sua forma di resistenza in cocchi, forse posizionati anche intracellularmente nella mucosa gastrica. Il paziente ha però rifiutato la gastroscopia con prelievo bioptico di controllo che avrebbe potuto dimostrare la fondatezza o meno dell’ipotesi.

Sui meccanismi di azione penso che gli acidi grassi insaturi interferiscano, attraverso meccanismi competitivi ed antagonisti, con la lipasi e la fosfolipasi A dell’Helicobacter Pylori e che in qualche modo facilitino e proteggano una flora, non ancora meglio identificata, competitiva con il batterio. Da tenere presente è che secondo tutti i gastroenterologi, solitamente, l’Helicobacter Pylori è estremamente acidificante dell’ambiente dello stomaco, con una PHmetria che può arrivare fino a PH 2, quando, una volta eradicato l’Helicobacter, si passa ad un PH 4 / 4,5.

La mia ipotesi è che il PH estremamente acido sia l’ambiente ideale per la crescita dell’Helicobacter Pylori e che, tale PH, sia anche da esso causato, ed un PH 4 / 4,5 sia l’ambiente di crescita di batteri competitivi con Helicobacter. L’instaurarsi di un terreno batterico differente, che vive in ambiente meno acido e tale lo mantiene, una volta eradicato l’Helicobacter, potrebbe essere la chiave di spiegazione del perché, qualunque sia stata la terapia, la reinfezione dell’Helicobacter sia estremamente rara.

In ogni caso penso che nella terapia sia di estrema importanza la correzione dell’acidità gastrica, soprattutto nelle ore serali, effettuata dai gastroenterologi di solito con inibitori della pompa protonica e nella terapia naturale, da me proposta, con pasto serale vegetale senza proteine e con eventuale somministrazione di carbonati.

L’altra paziente in cui non c’è stata l’eradicazione dell’Helicobacter Pylori, donna di 77 anni, si è limitata alla sola assunzione, per sua scelta, di acidi grassi polinsaturi Omega 3 Omega 6, senza modificazione della dieta, né correzione dell’iperacidità notturna gastrica: il delta è sceso da 13,646 a 7.76 (pur rimanendo positivo essendo superiore a 3,5) con miglioramento della dispepsia. Non era stata sottoposta a terapia antibiotica precedentemente al trattamento naturale, e, attualmente, stiamo valutando l’utilità clinica, per la paziente, di sottoporla a terapia antibiotica. Sarà interessante vedere se la terapia antibiotica arriverà all’eradicazione oppure no, ovvero se, anche in questo caso la resistenza alla terapia naturale ed alla terapia antibiotica si sovrappongono.

Quando non si ravvisino casi d’urgenza, propongo che si proceda, in prima battuta, con la terapia naturale, tenendo presente che va protratta per almeno due mesi prima di ripetere un Breath test di controllo. In ogni caso trovo che i risultati della terapia naturale siano di tutto rilievo e non da meno di quelli ottenuti con la terapia antibiotica, visto non solo il rischio nullo della terapia naturale, ma anche tutti gli altri benefici che porta alla salute.