Metformina l’anti-Covid?

 

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PRIMO PIANO \ MEDICINA – Un farmaco antiiperglicemico nato più di 60 anni fa (antitumorale, “anti-age” e anti-Alzheimer) può ridurre drasticamente

anche il numero di morti per Coronavirus. Ce ne parla il dott. Lorenzo Bracco

Metformina l’anti-Covid?

di Dario Voltolini

dario.voltolini@alice.it

NON C’È PERSONA al mondo che non si stia chiedendo quando e come finirà l’in-cubo del Covid-19. Sarà probabilmente il “come” a definire il “quando” e sul “come” le ipotesi sono molteplici e non si escludo-no a vicenda.

Prima ipotesi: un giorno il virus si estinguerà da solo, oppure perderà gran parte della sua viru-lenza. Ciò non esclude di prendere nel frattempo altri provvedimenti per evitare che lo scenario pos-sa diventare drammatico, oltre a tutto non poten-do prevedere i tempi del “quando”. Seconda ipote-si: riuscire ad avere a disposizione su grande scala un antivirale specifico che sconfigga il virus Sars-Cov-2. Terza ipotesi: portare all’estinzione il virus con il lockdown, con il distanziamento sociale, con precauzioni e protezioni (lavarsi le mani, usare le mascherine, ecc…), con la quarantena degli am-malati e di coloro che sono venuti recentemente in contatto con loro.

Questa misura si è dimostrata valida per rallen-tare la diffusione del virus, ma non per ridurla a zero. Ridurre a zero la possibilità di contagio richie-derebbe un impegno totale e assoluto da parte di ognuno di noi, con costi psicologici, sociali ed economici pesantissimi: un lockdown totale da pro-lungare nel tempo finché il virus non si sia estinto da solo. L’attuazione di un tale programma è ulte-riormente resa difficoltosa dalla diffusione geogra-fica del virus e, di conseguenza, dall’estrema diffi-coltà a effettuare ciò a livello mondiale. Quarta ipotesi: un vaccino sicuro ed efficace, una sfida per il mondo scientifico.

La Lorenzo Bracco Foundation è dal mese di marzo dello scorso anno che mette la sua energia nella ricerca di soluzioni contro l’attuale pandemia ed è recentissima la pubblicazione, sul “Journal of Medical – Clinical Research and Reviews”, del con-tributo scientifico del dott. Lorenzo Bracco (nella foto) dal titolo “COVID-19: Can Metformin Dra-stically Reduce the Number of Deaths?” in cui si configura una ulteriore possibilità per fronteggiare l’attuale pandemia. Abbiamo intervistato a questo proposito l’autore.

Dottor Bracco, oltre a queste quattro ipotesi possiamo farne anche altre?

«Sì, sicuramente possiamo fare almeno una quinta ipotesi: cercare se tra i farmaci già pre-senti nella sterminata farmacia mondiale ve ne sia uno che si riveli utile nell’affrontare la pande-mia dovuta al Sars-Cov-2. Da oltre 60 anni esiste un farmaco, forse il più prescritto in tutto il mon-do, che è già stato utilizzato da centinaia di mi-lioni di persone e da ognuna di queste, una volta cominciata la terapia, per tutta la vita, cioè in molti casi per decine di anni. Stiamo parlando della metformina, il farmaco antidiabetico per eccellenza – per il diabete mellito di tipo 2, la piaga dei tempi moderni, quello che colpisce sog-getti solitamente obesi e con età superiore ai 40 anni – e che ora è usato anche come anti-age, antitumorale e contro il decadimento cognitivo, come vedremo in seguito».

Si tratta di un farmaco dalla lunga storia e particolarmente versatile, vero?

«Esatto. Tutto è cominciato nell’alba dei tem-pi da una pianta utilizzata nelle medicine popo-lari da secoli: la Galega Officinalis, nel linguag-gio popolare chiamata il Lilla francese o Ruta della capra. Questa pianta contiene sostanze chi-miche alcaloidi chiamate biguanidi. Negli anni ’20 del secolo scorso, sintetizzando chimicamen-te le varie biguanidi, si è arrivati a produrre la metformina, una biguanide nuova, non presente nella pianta. Essa fu descritta per la prima volta, nel 1922, in un articolo scientifico da Emil Wer-ner e James Bell. Nel 1929 Slotta e Tschesche avevano già scoperto la sua funzione sulla glice-mia, ma il loro studio cadde nel dimenticatoio perché l’uso dell’insulina la fece da padrone. Fu poi il diabetologo francese Jean Sterne a studia-re le proprietà anti-iperglicemizzanti degli alca-loidi ricavati dalla Galena Officinalis, la cui strut-tura chimica è correlata con la metformina. Suc-cessivamente egli lavorò per i laboratori Aron di Parigi e rinvestigò l’uso della metformina e delle altre biguanidi. Fu così che Sterne provò la metfor-mina sugli esseri umani per il trattamento del diabete. I suoi studi furono pubblicati nel 1957. La metformina, registrata nel British National Formulary nel 1958, cominciò a essere commer- cializzata in UK da Rona, piccola filiale dellaAron. Il grande interesse per la metformina comeantidiabetico si ebbe negli anni ’70. Nel 1972 fu approvata in Canada. Negli USA la Food and Drug Administration (FDA) l’approvò nel 1994. Il risultato è che la metformina, commercializza-ta da più di 60 anni, è il farmaco antidiabeticopiù prescritto nel mondo».
E oltre che nel diabete, in quali patologie que- sto farmaco ha avuto ottimi risultati?

«Negli ultimi decenni la metformina, da spe-cifico farmaco antidiabetico, si è sorprendente-mente rivelata come agente anti-cancro, diminu-endone l’incidenza e la mortalità correlata. Ul-teriori studi hanno constatato che l’uso della metformina è un fattore positivo contro il cancro al seno, all’ovaia, al polmone e alla prostata. Non c’è da stupirsi, perché l’iperinsulinemia e lo zucchero nel sangue, sui quali la metformina ha un effetto regolatorio e normalizzante, sono fon-damentali per il metabolismo della cellula tumo-rale e in quello dei tessuti infiammati. Infatti sul metabolismo dello zucchero si basa l’esame dia- gnostico della PET (Tomografia a Emissione di
Positroni) usando un radioisotopo legato alla molecola di uno zucchero. Inoltre la metformina si è rivelata utile per migliorare le caratteristiche cliniche e biochimiche della sindrome del-l’ovaio policistico. La metformina ha anche un effetto benefico su diversi fattori di rischio cardiovascolare tra cui la dislipidemia. Già da tempo si è constatato che la metformina anche in soggetti ipertesi di mezza età, non diabetici, non obesi e non fumato-
ri, ha migliorato l’ipertensione e ha ridotto il colesterolo totale e quello LDL, i trigliceridi, l’insulina plasmatica a digiuno e i livelli del peptide C, che nel sangue indica quanta insulina è stata prodotta. Infatti la resistenza all’insulina e l’ipe-rinsulinemia possono svolgere un ruolo importante sia nello sviluppo dell’ipertensione sia nelle alterazioni metaboliche che la accompagnano. Secondo alcuni studi la metformina avrebbe anche un effetto benefico sull’ipertensione polmonare. Il trattamento costante con metformina si è rivelato utile anche nella prevenzione dell’aterosclerosi e della senescenza vascolare, è associato a una dimensione ridotta dell’infarto mio-
cardico, riduce il rischio di ictus e ne migliora il trattamento, rallenta il declino cognitivo e riduce l’incidenza di demenza. L’azione della metformina si è rivelata utile nella steatosi epatica non alcolica associata all’obesità e contro l’infiammazione connessa con l’obesità. Questo meccanismo antiinfiammatorio avviene per la modulazione e la normalizzazione, grazie alla metformina, della produzione delle citochine proinfiammatorie che nell’obeso sono prodotte in eccesso. La capacità della metformina di modulare e normalizzare la produzione delle citochine infiammatorie, è un’indicazione in più per una sua costante assunzione in un contesto pandemico. Infatti un rilascio disregolato ed eccessivo di citochine proinfiammatorie con perdita del controllo regolatorio della loro produzione, sia a livello locale che sistemico, si è visto essere connesso con la gravità del decorso del Covid-19».

Riassumendo: la metformina, dato il suo utilizzo da oltre mezzo secolo su un numero enorme di diabetici, si è rivelata già da tempo come un farmaco molto sicuro i cui effetti collaterali, che a mano a mano si scoprono, sembrano non essere negativi bensì fondamentalmente positivi per la salute anche dei non diabetici: effetti antitumorali, anti obesità e anti-age, allungando anche la durata della vita.
«Infatti i medici già da tempo prescrivono la metformina per questi suoi effetti benefici anche a persone che diabetiche non sono  esempio tipico di medicina traslazionale, ovvero l’uso di una terapia in ambito multidisciplinare e non solo strettamente per la specialità per cui era nataforti del fatto che la sicurezza di questo farmaco è già stata comprovata dal numero incredibile di pazienti diabetici che l’hanno assunto, ovvero
svariate centinaia di milioni, e dalla durata dell’assunzione, cioè per tutta la vita di ognuno di essi. Inoltre la metformina si è rivelata un farmaco sicuro anche in pazienti che presentano altre patologie, ad esempio epatiche. Precisiamo però che la metformina non è un farmaco da banco, cioè da automedicazione, bensì, come tutti i farmaci, va presa ovviamente sotto controllo medico».

Ci sono controindicazioni all’assunzione della metformina?
«La prescrizione della metformina, come pertutti i farmaci, va fatta dal medico curante, il quale valuterà caso per caso ogni paziente. In ogni caso la metformina è controindicata in presenza di abuso di alcol – sia l’alcolismo conclamato sia il famoso carico alcolico eccessivo del venerdì e del sabato sera – per il rischio aumentato di acidosi lattica, rischio peraltro rarissimo e quasi esclusivamente possibile quando esistono già comprovate controindicazioni mediche per preesistenti gravi danni d’organo».

Come la si somministra?
«La metformina va assunta ai pasti e nella stragrande maggioranza dei casi non dà alcun problema. In un 5% dei casi, soprattutto nella fase iniziale dell’assunzione del farmaco, vi può essere una sensazione di nausea o di gastralgia che solitamente passa seguendo alcune avver-tenze, per esempio quella di assumerla a metà del pasto, eventualmente in formulazione solubile».
Ma torniamo al Covid-19.
«È comparso un articolo relativo all’analisi di 150 pazienti con diagnosi di Covid-19, maschi e femmine di cui 64,7% maschi, con un’età compresa tra 22 e 97 anni (età media 64 ± 16 anni), ammessi al Pronto Soccorso dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma durante il mese di marzo 2020. Tutti i pazienti erano stati sottoposti a due tamponi naso-oro-faringei a intervalli di 24 ore, e i campioni sono stati testati per confermare la diagnosi (Charitè, Berlino, Germania) di Sars-Cov-2 tramite trascrittasi inversa in tempo reale (RT-PCR). Tutti i pazienti avevano effettuato TAC toracica, di conseguenza è stato possibile quantificare il grasso addominale viscerale (IVA). Per fare ciò è stata selezionata la prima sezione (sli-ce) della TAC in cui era visibile solo l’addome e non più le basi polmonari. Il risultato di questo studio è che per i pazienti Covid-19 il grasso addominale viscerale è un marker di esiti clinici peggiori. Il grasso addominale viscerale in eccesso è il principale secretore di citochine, tra cui l’interleuchina-6. Questa capacità dell’adipocita sarebbe uno dei motivi per i quali gli obesi hanno la proteina C-reattiva (valore usato nella diagnostica medica per valutare il livello di infiammazione) più elevata dei non obesi. I livelli di interleuchina-6 sono risultati aumentati in modo retrospettivo nei non sopravvissuti al Covid-19. La metformina ha un effetto benefico sul peso corporeo e sulla composizione corporea e il trattamento con metformina ha determinato una significativa riduzione della massa grassa viscerale. Il trattamento a lungo termine con metformina su pazienti con obesità addominale, in associazione con la dieta ipocalorica, ha indotto, rispetto al placebo, anch’esso in associazione con la dieta ipocalorica, una maggiore riduzione del
peso corporeo e del grasso addominale, in particolare dei depositi viscerali, con una maggior riduzione della circonferenza addominale. Come prevenzione del Covid-19 e delle sue complicanze si potrebbe ravvisare quindi un’indicazione al trattamento continuativo con metformina in pazienti con obesità e sovrappeso. Inoltre si è dimostrato che la metformina ha portato un miglioramento significativo nei confronti della resistenza all’insulina e della funzione delle cellule beta del pancreas che la producono. La metformina è associata alla normalizzazione della glicemia e non alla ipoglicemia perché non stimola la secrezione di insulina. La metformina ripristina la normale produzione di insulina riducendo anche l’insulina basale qualora fosse eccessiva. Non dimentichiamo che l’iperinsulinemia induce infiammazione, tanto che da alcuni sarebbe considerata come un fattore di rischio anche per la malattia di Alzheimer. La metformina, con i suoi meccanismi d’azione complessi – riduzione della neoglucogenesi epatica, tendenza alla normalizzazione della glicemia, riduzione della resistenza all’insulina, solo
per citarne alcuni – si è rivelata utile, come abbiamo già detto, contro l’obesità e l’infiammazione che vi è in essa, grazie alla diminuzione delle citochine proinfiammatorie. Vi sarebbe un’ulteriore riprova al vantaggio dell’uso continuativo della metformina anche per la pandemia da Covid-19 – di cui ridurrebbe morbilità, mortalità e danno agli organi – oltre ai riconosciuti benefici anti-age, antitumorali e anti decadimento cognitivo senile. A validazione di quanto detto va citata un’analisi retrospettiva compiuta a Wuhan su pazienti ospedalizzati per Covid-19 dal 27 gennaio 2020 al 24 marzo 2020. Sono stati presi in esame 104 pazienti diabetici in trattamento con metformina e 179 pazienti diabetici senza trattamento con metformina. Al momento del ricovero non c’erano differenze significative tra i due gruppi in termini di sesso, età, malattie sottostanti, gravità clinica e categoria di supporto dell’ossigeno e il gruppo metformina aveva a digiuno un livello di glucosio nel sangue leggermente superiore a quello del gruppo non trattato con metformina. Dopo il ricovero in entrambi i gruppi la glicemia era sotto controllo efficace. La durata della degenza ospedaliera non ha avuto differenze significative tra i due gruppi (21,0 giorni per il gruppo con metformina contro 19,5 giorni per il gruppo in assenza di metformina). Invece significativamente inferiore è stata la mortalità durante la degenza del gruppo metformina (3/104 cioè il 2,9%) rispetto al gruppo senza metformina (22/179 cioè il 12,3%). Il trattamento antidiabetico con metformina è stato associato a una sensibile diminuzione della mortalità (quattro volte di meno) rispetto ai diabetici non trattati con metformina».

Quali sono dunque le conclusioni da trarre?
«In conclusione, in funzione dell’attuale emergenza Covid-19, ha senso valutare l’opportunità della prescrizione medica della metformina in uso continuativo»…