EICOSANOIDI, PROSTAGLANDINE, ASPIRINA E DOLORE

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Oenothera Biennis – Foto di Enrico Blasutto – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6907300

 

EICOSANOIDI, PROSTAGLANDINE, ASPIRINA E DOLORE

Pubblicato sulla rivista LASER ABSTRACTS / I.R.FO.MED. Ottobre 2001

Lorenzo Bracco*

*Contatti: Bracco Lorenzo MD, Lorenzo Bracco Foundation, Corso Marconi 37, 10125 Torino, Italy, Tel: +39 0116688992 Mobile: +39 3331632321

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EICOSANOIDI, dal greco antico: eikosi, venti. Provengono tutti da un acido grasso con 20 atomi di carbonio.

L’aspirina è un farmaco eccezionalmente eclettico, forse l’unico farmaco dai così grandi benefici, da essere in grado di controllare la febbre, di facilitare la prevenzione dell’infarto e dell’ictus, di ridurre l’infiammazione e soprattutto di combattere il dolore.

Il dolore è spesso trattato con antidolorifici non narcotici che lo riducono senza causare alterazioni del livello della coscienza: l’aspirina è sovente efficace, si può prenderla anche per bocca e costa poco. È usata come terapia di base per le sue proprietà analgesiche e antinfiammatorie, ma se il paziente non la tollera, la somministrazione deve essere sospesa per passare all’uso di analgesici con caratteristiche diverse.

Tutti i farmaci antinfiammatori hanno effetti collaterali, come l’irritazione gastrointestinale, e possono provocare reazioni allergiche. L’aspirina può causare anche dispepsia e, per l’inibizione dell’aggregazione piastrinica, sanguinamento gastrointestinale.

L’aspirina fu introdotta sul mercato farmaceutico nei primi anni del ’900 da Bayer. Ma solo alla fine degli anni ’60 il farmacologo inglese John Vane la studiò più specificamente e scoprì che l’aspirina inibisce la produzione di tutte le prostaglandine, una sottoclasse di eicosanoidi che quando furono scoperte vennero così chiamate perché furono isolate nel liquido seminale e quindi si credette che fossero prodotte dalla prostata, la cui struttura è stata spiegata da Sune Bergstrom.

Successivamente lo svedese Bengt Samuelsson, del Karolinska Institute di Stoccolma, ha capito che una delle prostaglandine potrebbe diventare “dannosa”. Infatti, G2 (PGG2) potrebbe trasformarsi in un eicosanoide chiamato trombossano A2 che aggrega le piastrine del sangue e, di conseguenza, forma trombi che, se si allargano, possono occludere i vasi sanguigni e quindi causare infarti o ictus.

Per questa scoperta, Samuelsson, Vane e Bergstrom hanno ottenuto, nel 1982, il premio Nobel per la medicina.

Di conseguenza, l’aspirina, eliminando le prostaglandine, combatte il precursore del trombossano A2, evitando così la formazione di trombi e inibisce la produzione di PGE2, che è la prostaglandina mediatrice di febbre e dolore. L’aspirina in questo modo, vale a dire agendo contro la cicloossigenasi (l’enzima che controlla la produzione di tutte le prostaglandine), impedirà che il corpo produca ogni tipo di prostaglandina, sia buona che cattiva, e quindi contrasterà la febbre, il dolore o qualsiasi altra cosa che le prostaglandine avrebbero causato. Però, se questa situazione persiste per lungo tempo, si traduce anche in un indebolimento del sistema immunitario e ne consegue che l’acido arachidonico, che rimane attivo, si trasforma in leucotrieni, mediatori delle allergie. Questo è il motivo per cui possiamo diventare allergici anche al farmaco che dovrebbe curarci.

Tutti usano sostanzialmente l’aspirina per i dolori quotidiani specifici di ciascuno, come mal di testa, febbre, dolore mestruale. È il farmaco che i pazienti scelgono più comunemente, come se fosse totalmente innocuo, ed è raro che si vada dal medico senza averlo già provato.

Se non avesse effetti irritanti sulla mucosa gastrica, sarebbe un ottimo antidolorifico. Questi sono i 3 aspetti dell’aspirina: analgesico, antipiretico e antinfiammatorio; questi ultimi si potenziano a vicenda e, pertanto, è un farmaco utile in condizioni di danno locale e molto efficace per quanto riguarda il controllo dei dolori che originano dai tessuti e dalle ossa.

Questo è il motivo per cui l’aspirina, inibendo tutte le prostaglandine, sia quella antinfiammatoria, sia quella infiammatoria, agisce fondamentalmente sui meccanismi periferici della percezione del dolore, mentre le morfine e le endorfine agiscono fondamentalmente sui meccanismi centrali.

Inibire però tutte le prostaglandine, come fa questo farmaco, non è risolutivo, mentre spostare l’equilibrio a favore della prostaglandina antinfiammatoria può portare a fenomeni compensativi che possono mirare a risolvere la causa del dolore; vale a dire che noi, con il nostro modo scientifico di ragionare, puntiamo semplicemente a un principio causale, mentre spesso in natura il principio causale si interseca intimamente con il principio teleologico, vale a dire il principio finalista (da telos = fine, obiettivo: l’obiettivo che “attira la freccia”).

Ad esempio: l’infiammazione ha delle cause, fra cui l’aumentata produzione di prostaglandina infiammatoria, ma ha anche una finalità che è la cura, per la quale l’infiammazione in questione è progettata. Intervenire a favore della prostaglandina antinfiammatoria significa fornire all’infiammazione anche il punto finale, vale a dire la guarigione. Infatti la prostaglandina antinfiammatoria si produce alla fine dell’infiammazione, per chiuderla. Possiamo dire che le prostaglandine infiammatorie e antinfiammatorie (eicosanoidi) sono ormoni tissutali molto potenti, che ci consentono di rimanere in salute e che senza di loro la nostra vita sarebbe impossibile. Premesso che l’aspirina è un farmaco che previene e che cura numerose malattie, il suo uso indiscriminato, portando all’inibizione di ambedue le prostaglandine, infiammatoria e antinfiammatoria, sul lungo periodo comporta dei problemi.

Le prostaglandine controllano altri ormoni, come il glucagone e l’insulina, che controllano gli zuccheri nel sangue. Nel nostro corpo è l’equilibrio delle sostanze che ci mantiene in salute e gli eicosanoidi controllano il sistema che regola questo equilibrio; non li conosciamo ancora molto bene, anche perché sono ormoni tissutali molto complessi che compaiono, durano solo pochi istanti e che hanno concentrazioni molto basse. Sappiamo che i primi metaboliti dell’acido arachidonico, che si forma nelle cellule grazie alla fosfolipasi, sono prostaglandine. Successivamente, sono stati scoperti altri metaboliti e sono state identificate due vie metaboliche: cicloossigenasi e lipossigenasi.

I prodotti delle due diverse vie metaboliche sono chiamati eicosanoidi. Di conseguenza, una molecola di acido arachidonico può essere ossigenata da una delle due vie metaboliche.

I prodotti della lipossigenasi sono i leucotrieni, che aumentano la permeabilità vascolare, causano broncospasmo, si dice che siano attivi sui leucociti, causano allergie e malattie della pelle. I prodotti della cicloossigenasi sono trombossano A2 e prostaglandine G2. Come l’IGP2 (anche chiamata prostaciclina), le prostaglandine sono anche vasodilatatrici e inibitrici dell’aggregazione piastrinica o, come PGF2?, molto importanti per il funzionamento del sistema riproduttivo femminile, o sono anche, come la prostaglandina infiammatoria, all’origine di infiammazioni, dolori e inibizione del sistema immunitario.

È per tutti questi motivi che siamo abituati a dire che ci sono eicosanoidi “buoni” ed eicosanoidi “cattivi”, ma è ovvio che nessuna sostanza è mai totalmente buona o cattiva. Per dimostrarlo, è sufficiente pensare, ad esempio, all’aggregazione piastrinica. Se ci sono troppi eicosanoidi buoni, questi la impediscono (ma se ci feriamo, rischieremmo un’emorragia), se ci sono troppi eicosanoidi “cattivi”, questi la favoriscono (ma potremmo correre il rischio di trombo). Naturalmente, lo stesso paragone è valido per pressione sanguigna, infiammazione, dolore, ecc…

Il rapporto tra eicosanoidi “buoni” ed eicosanoidi “cattivi” è modulato dall’enzima ?-5-DESATURASI, per il quale, a loro volta, ormoni come il glucagone e l’insulina agiscono come mediatori.

Da tutto ciò possiamo capire l’importanza del cibo che mangiamo ogni giorno per mantenerci in salute. Le materie prime per produrre eicosanoidi sono gli AGE/EFA, vale a dire gli acidi grassi essenziali a cui nella nostra dieta non possiamo rinunciare, perché il corpo non è in grado di sintetizzarli.

Gli AGE/EFA si dividono in due categorie: Omega 3 e Omega 6. Gli eicosanoidi, che provengono da Omega 6, sono precursori di eicosanoidi buoni e cattivi, mentre quelli di Omega 3 sono neutrali.

Gli eicosanoidi sono formati da un acido presente in molte verdure e molti cereali, l’acido linoleico, che viene trasportato nelle cellule da lipoproteine a bassa densità (il colesterolo LDL, considerato “cattivo” ); dopodiché, nelle cellule, questo acido viene trasformato attraverso l’enzima ?-6-desaturasi e diventa acido gamma-linolenico (GLA), che si trova molto raramente in natura, ma che consente la sintesi degli eicosanoidi buoni e cattivi.

È stato riscontrato che l’invecchiamento inizia dopo i 30 anni, che l’enzima ?-6-desaturasi diventa meno attivo e che, di conseguenza, la produzione di eicosanoidi – acido gamma-linolenico (GLA) – è ridotta; molte malattie degli anziani possono essere dovute alla carenza di questi eicosanoidi.

Pertanto, è importante che, nella nostra dieta, ci sia la giusta quantità di acidi grassi Omega 6 essenziali, non troppo pochi e non troppi, in modo che vi sia un adeguato apporto di GLA, sufficiente, ma non eccessivo, per il nostro organismo. Se il GLA si rivela eccessivo si trasforma in acido arachidonico, che dà origine alla prostaglandina infiammatoria. Questo equilibrio è controllato dall’enzima ?-5-desaturasi, che produce tanto più acido arachidonico quanto più l’enzima è attivo; pertanto, è importante riuscire a produrre più DGLA e meno acido arachidonico, al fine di avere più eicosanoidi buoni che cattivi.

Pertanto, possiamo dire che i veri protagonisti, che regolano la produzione di eicosanoidi, sono l’acido linoleico (AL), l’acido gamma-linolenico (GLA), l’acido diomo-gamma-linolenico (DGLA) , l’acido arachidonico, gli enzimi ?-5-desaturasi e ?-6-desaturasi. Dobbiamo aggiungere a questi un altro acido grasso essenziale, vale a dire l’acido eicosapentaenoico (EPA), che fa parte degli Omega 3, che regola i due enzimi ?-5 e ?-6-desaturasi e che previene soprattutto l’attività dell’enzima ?-5-desaturasi, che, come abbiamo visto, porta alla produzione di acido arachidonico. Questo acido grasso essenziale si trasforma in eicosanoidi neutri, ma serve a fermare la produzione di eicosanoidi cattivi.

Possiamo dedurre da tutto quanto detto sopra che essere in salute dipende dal cibo che mangiamo e dall’equilibrio che otteniamo modulando le sostanze contenute negli alimenti. I grassi alimentari sono la fonte di assorbimento degli acidi grassi essenziali (AGE/EFA), vale a dire i mattoni che compongono gli eicosanoidi, Omega 3 e Omega 6, che vanno presi nei giusti rapporti.

Devono inoltre essere evitati i cosiddetti grassi trans e, tra gli alimenti, gli oli vegetali parzialmente idrogenati, che hanno effetti negativi sul corpo umano. In realtà, questi ultimi contengono acidi grassi di tipo trans. In natura, le molecole di acidi grassi insaturi hanno una struttura molecolare detta cis, che il lavoro industriale trasforma in trans, dannosi per la salute umana. Ed è per questo motivo che dovremmo consumare solo oli di prima spremitura a freddo, non lavorati industrialmente.

D’altra parte, gli oli trattati industrialmente irrancidiscono difficilmente e sono molto più economici ma, dal punto di vista biochimico, limitano l’attività della ?-6-desaturasi e, diminuendo la produzione di acido gamma-linolenico (GLA), comportano anche la riduzione di eicosanoidi buoni.

Al giorno d’oggi, conoscendo la composizione di diversi alimenti, possiamo quindi scegliere gli alimenti che servono come base per una salute eccellente. Ad esempio, sappiamo che l’acido eicosapentaenoico (EPA, Omega 3) si trova in alcuni pesci come il salmone, le sardine e gli sgombri. Il loro olio sarebbe eccellente se fosse accuratamente purificato. Infatti, sappiamo che, oltre ad essere inquinato da metalli pesanti, il mare è diventato la fogna del mondo a causa della presenza di batteri, virus, parassiti, forse anche prioni, derivati da feci umane. Poiché l’estrazione dell’olio deve essere effettuata utilizzando metodi delicati al fine di preservare gli acidi grassi insaturi, rimane il dubbio che, prima o poi, alcuni di questi effetti infettivologici possano comparire nella catena alimentare umana se gli oli non sono debitamente controllati e di qualità garantita.

Gli oli di enotera, borragine, uva spina e rosa mosqueta contengono acidi grassi insaturi fra cui in particolare l’acido gamma-linolenico (GLA, Omega 6). Sono quasi identici ma, secondo la mia esperienza personale e secondo l’uso che se ne fa a livello internazionale in campo antinfiammatorio, credo che l’olio di enotera (Oenothera Biennis) abbia caratteristiche antinfiammatorie superiori ad altri oli, probabilmente a causa di una diversa carica enzimatica, di cui al momento sappiamo poco. Può essere interessante, su consiglio del medico, una complementazione alimentare di 1-2 grammi di olio di enotera al giorno, per avere un idoneo apporto di acido gamma-linolenico (GLA), Omega 6, bilanciato da una pari posologia di olio di lino, per avere un corretto apporto di acido alfa linolenico (ALA), Omega 3, particolarmente utile per la costruzione delle membrane cellulari, in particolare quelle del sistema nervoso.

Per questo motivo, è molto importante assorbire, attraverso la dieta quotidiana, acidi grassi polinsaturi nella giusta quantità che, con le loro diverse trasformazioni, promuoveranno la produzione di eicosanoidi “buoni”.

Il sano bilanciamento dei grassi insaturi nella dieta, rispettando l’idoneo rapporto fra Omega 6 e Omega 3, ottenibile grazie all’aiuto di un valido medico nutrizionista, comporterà un aumento della quantità di prostaglandine antinfiammatorie che, pertanto, verranno utilizzate per inibire l’infiammazione e il dolore.